Economia
Milano | Armani e Caporalato: ecco il vero prezzo di una borsa da quasi 2mila euro

Una borsa di lusso Armani, valorizzata circa 1.800 euro nei negozi della celebre maison, è stata prodotta interamente in opifici dove i lavoratori cinesi erano soggetti a sfruttamento da parte di imprenditori caporali. Sorprendentemente, questi opifici non si trovavano in Asia, bensì a pochi chilometri dalle prestigiose sfilate dell’alta moda e dai rinomati negozi nel Quadrilatero della moda di Milano, nelle province di Milano e Bergamo.
Quattro opifici gestiti da cittadini di origine cinese sono stati individuati come fulcro delle indagini che hanno portato al commissariamento della Giorgio Armani Operations spa, azienda responsabile della progettazione e produzione di abbigliamento e accessori per il colosso della moda. Questa decisione è stata presa dai giudici della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano, a seguito di un’indagine condotta dai pubblici ministeri Paolo Storari e Luisa Baima Bollone, in collaborazione con i carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro (Nil).
Le indagini hanno rivelato un presunto sfruttamento del lavoro, con l’utilizzo di opifici abusivi e la manodopera cinese impiegata in modo irregolare e clandestino. La Giorgio Armani Operations spa è stata accusata di non aver adottato misure adeguate per prevenire e contrastare lo sfruttamento lavorativo all’interno del proprio ciclo produttivo.
I quattro imprenditori cinesi proprietari degli opifici sono stati deferiti in stato di libertà per caporalato, con multe che superano gli 80.000 euro e sanzioni amministrative di 65.000 euro. Inoltre, nove lavoratori irregolari sono stati denunciati per mancanza dei documenti relativi al permesso di soggiorno.
Secondo le indagini, i lavoratori erano spesso costretti a lavorare e dormire negli stessi stabilimenti, trasformati in veri e propri dormitori con condizioni igienico-sanitarie precarie. L’azienda avrebbe tratto profitto da questa situazione, producendo borse di lusso vendute a prezzi molto più alti nei negozi, mentre i lavoratori venivano retribuiti in modo estremamente basso, alcuni addirittura a cottimo con compensi tra 0,50 e 1 euro per pezzo prodotto.
In pratica, la Giorgio Armani Operations spa avrebbe esternalizzato parte della produzione delle borse e accessori della collezione 2024 a società terze, le quali a loro volta avrebbero subappaltato il lavoro agli opifici cinesi. Tuttavia, questi stabilimenti avrebbero impiegato manodopera irregolare e clandestina, violando norme sulla sicurezza e sul rispetto dei diritti dei lavoratori.
Questi opifici, secondo le indagini, sarebbero stati responsabili della produzione effettiva delle borse di lusso, vendute a prezzi molto inferiori ai titolari dell’appalto, che le rivendevano alla maison a prezzi notevolmente maggiorati. Tutto ciò è stato possibile grazie all’impiego di manodopera irregolare e clandestina, con condizioni di lavoro eque ignorate e disattese.
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