Attualità
Milano libera: l’alba di una nuova città

Nella notte che segnò la svolta della guerra in Italia, Milano visse istanti di incredibile intensità: sotto il cielo limpidissimo del 25 aprile 1945, le tensioni accumulate per vent’anni di dittatura si dissolsero in un’esplosione di gioia e di commozione. I partigiani, muovendosi con passo felpato e cuori in tumulto, raggiunsero Palazzo Marino con il fragore appena percettibile dei loro passi e la determinazione di chi sa di scrivere la storia. Non vi fu una caccia frenetica ai repubblichini né scontri sanguinosi per le vie circostanti: quando la porta principale del Comune si spalancò, fu la folla a fare il resto.
Un giovane staffetta, testimone di quei momenti, ricordò sempre il silenzio quasi irreale che precedette l’entrata in scena dei combattenti: «Sembrava che tutta Milano trattenesse il fiato, poi, quando il tricolore cominciò a sventolare dalla sommità del balcone, scoppiò un abbraccio collettivo in piazza». La bandiera italiana, alta e maestosa, non era un semplice drappo colorato, ma il simbolo tangibile della liberazione dalla morsa nazifascista. In quell’abbraccio spontaneo, operai, impiegati, studenti e passanti si ritrovarono uniti come non mai, accomunati dall’emozione di aver finalmente riabbracciato la propria città.
Il sorgere del sole portò con sé la verità della vittoria: le strade, illuminate dai primi chiarori dell’alba, mostravano truppe partigiane che accoglievano i milanesi con sorrisi stanchi e occhi lucidi. Nelle piazze e nei vicoli comparvero cartelli improvvisati, poesie incise sui muri, fiori freschi dipinti sui sampietrini: ogni gesto creativo era un omaggio a chi aveva pagato con la vita il prezzo della libertà. Le fabbriche, un tempo rintocchi di un’industria bellica al servizio della guerra, si prepararono a riprendere il battito del lavoro civile, mentre i tram tornarono a attraversare il centro con fragore di rotaie e campanelli festosi. Con il riconoscimento ufficiale degli Alleati, arrivato poche ore dopo, Milano si proiettò senza esitazioni verso il futuro. Palazzo Marino, tornato a essere la casa di tutti i cittadini, divenne il palcoscenico delle prime deliberazioni democratiche: vennero nominate commissioni di restauro, piani per il ripristino dei servizi essenziali e proposte culturali per celebrare la rinascita. Quel giorno, la città capì che la liberazione non era soltanto la fine di un incubo, ma l’inizio di una responsabilità condivisa: custodire e alimentare ogni giorno il valore della democrazia.
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